Se i Giochi Olimpici di Tokyo si fossero disputati come da calendario lo scorso anno, senza la pandemia che ha stravolto anche il mondo dello sport, l'Italia non avrebbe oggi una medaglia d'oro sui 100 metri. L'1 agosto del 2020, infatti, Marcell Jacobs aveva corso i 100 metri allo stadio "Grezar" di Trieste chiudendo in 10"10, al di sotto del suo personale di 10"03 fatto registrare a Padova l'anno prima. Un anno dopo il velocista italiano si è laureato campione olimpico fermando il cronometro su 9"80, abbassando dunque il suo personale di ben 30 centesimi di secondo. La progressione di Jacobs è stata graduale negli ultimi dodici mesi: prima il 9"95 di Savona con cui ha abbattuto il record italiano di Filippo Tortu (9"99), poi il crescendo rossiniano a Tokyo con il 9"94 in batteria, 9"84 in semifinale (nuovo record europeo) e il citato 9"80 della finale. Mettendo a confronto le progressioni di undici velocisti, gli autori delle dieci migliori prestazioni di sempre sui 100 metri, non possiamo non notare che solo Usain Bolt ha fatto meglio nell'arco di un solo anno.
Bolt, progressione da leggenda
Il 18 luglio del 2007, infatti, il velocista giamaicano correva i 100 metri in 10"03 a Rethymno, in Grecia e meno di un anno dopo, il 31 maggio del 2008 a New York, avrebbe abbassato il suo personale di 31 centesimi portandolo a 9"72 e stabilendo il nuovo record del mondo. Lo stesso Usain Bolt avrebbe poi migliorato due volte il primato mondiale con il 9"69 dei Giochi di Pechino 2008 e il 9"58 dei Mondiali di Berlino del 2009, attuale ed imbattuto record del mondo. Ma per evidenziare meglio la grandezza del "fulmine giamaicano" bastano i freddi numeri: tra il 1991 e il 2007 ci sono stati sei atleti che hanno abbassato il record, portandolo da 9”90 – fissato nel 1990 dallo statunitense Leroy Burrell – a 9”74 stabilito dal giamaicano Asafa Powell nel 2007: 16 centesimi di secondo in 16 anni. Usain Bolt, invece, ha abbassato il record della stessa misura, sedici centesimi di secondo rispetto al record di Powell, ma l’ha fatto in soli due anni.
Le altre progressioni
Considerevole anche la progressione di Tyson Gay (personale 9"69) che tra il 2005 e il 2006 ha migliorato le sue prestazioni di 24 centesimi, da 10"08 a 9"84. Poi il campione del mondo in carica Christian Coleman (9"76), attualmente squalificato (fino al prossimo mese di novembre) per aver saltato tre controlli antidoping che tra il 2015 e il 2016 portò il suo personale da 10"18 a 9"95 abbassandolo di 23 centesimi, stesso tempo guadagnato da Steve Mullings tra il 2010 e il 2011 nell'unica volta in cui corse sotto i 10" fermando il cronometro su 9"80, il medesimo tempo di Jacobs a Tokyo. Maurice Green (9"79) invece migliorò la sua performance sui 100 metri di 22 centesimi tra il 1996 e 1997 (da 10"08 a 9"86). Poi siamo su progressioni tutto sommato ordinarie per i grandi velocisti: Yohan Blake (9"69) abbassò di 18 centesimi il suo personale da 10"07 di Kingston 2009 a 9"89 di Londra 2010, Asafa Powell (9"72) fece segnare 15 centesimi in meno tra il 2003 e il 2004 da 10"02 a 9"87, Justin Gatlin (9"74) migliorò di 14 centesimi tra il 2010 e il 2011 da 10"09 a 9"95 nella sua "seconda carriera" dopo la lunga squalifica per doping. Infine Nesta Carter (9"78) che dal 2007 al 2008 abbassò il suo personale da 10"11 a 9"98 guadagnando 13 centesimi.
Bromell, la delusione di Tokyo
Una citazione a parte merita Trayvon Bromell (9"77), la grande delusione dei 100 metri di Tokyo, perché la sua carriera è sempre stata altalenante come performance a causa dei continui guai fisici. Basti pensare che dal 2013 al 2014 aveva abbassato il suo personale di 17 centesimi, da 10"14 a 9"97 portandolo poi a 9"84 nel 2015. Al rientro dopo un grave infortunio migliorò il suo tempo di 10"54 di 64 centesimi, tra il 2019 e il 2020, portandolo a 9"90. Ma non fa testo nella nostra statistica considerato che si tratta di tempi che erano già stati abbondantemente nelle sue "corde".
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